GARDELLA “STRINGIAMO ANCORA UN PO’ I DENTI, MA ASPETTIAMO FIDUCIOSI LA NOSTRA DESIGNAZIONE, PERCHÈ QUANDO ARRIVERÀ VUOL DIRE CHE IN QUALCHE MODO VEDIAMO LA LUCE”

15-12-2020 11:31 -

Intervista a Simone Gardella, nostro Organo Tecnico Medico di Famiglia in prima linea nella lotta contro il Covid-19.

Qual’è stata la tua esperienza nella prima ondata, quando l’emergenza è iniziata?

“Io ho avuto percezione della prima ondata già dal 22 Febbraio, quando ci sono stati i primi casi di Codogno. Ad esempio, tra i miei pazienti ho avuto dei casi di influenza un po’ strana come una famiglia che era stata tutta vaccinata che poi ha sviluppato tutta la sintomatologia e questo mi era già sembrato strano. Poi una settimana dopo una mia paziente, appena uscita da una casa di riposo, ha sviluppato una polmonite e suo marito anche, a pochi giorni di distanza. Per un medico di famiglia iniziare a visitare con dei guanti ed una mascherina chirurgica ha fatto molto strano. Poi piano piano ci siamo resi conto, il primo periodo è stato abbastanza difficile perché avevamo difficoltà a trovare le mascherine, i pazienti non capivano che noi cercavamo di limitare l’accesso in studio. Il 15 marzo ho avuto anche un paziente che è andato in terapia intensiva e che è stato dimesso solo una settimana fa, dopo 8 mesi di ricovero. La prima ondata è stata sicuramente poi mitigata dal lockdown con cui il nostro lavoro è cambiato molto con assistenza a casa quando si poteva e molta assistenza telefonica. Io ricordo questo incubo del telefono che continuava a squillare e tu ad un certo punto non sapevi cosa dire perché non avevi linee guida, non avevi niente. Ancora adesso ci penso con i miei colleghi “chissà quante volte noi siamo passati vicino a questo virus e noi non sapvemo manco cosa fosse”. Tutto poi si è esaurito a livello di carico tra fine Aprile ed inizio Maggio quando le cose si sono spente”.

- Se dovessi usare una parola per descrivere la prima ondata?

“Sorpresa e adrenalina”.

- Invece con quali parole descriveresti la seconda ondata?

“Io la definisco una mazzata. Anzi, secondo me una frase che la distingue bene potrebbe essere “un brutto risveglio”. Perché noi questa estate abbiamo fatto la nostra vita normale, forse un po’ meno normale di altre estati, ma sostanzialmente normale. Come se non fosse successo niente. Poi, a partire dal 30 di Settembre le cose sono incominciate a cambiare radicalmente e questa volta sono cambiate in maniera più cattiva. Perché tra il 15 ed il 25 di ottobre abbiamo incominciato ad avere una lunghissima riga di casi. Ed ora siamo tutti stanchi, non ne possiamo più, ma nonostante questo il nostro obiettivo è quello di fare ancora più servizio per la popolazione. Inizieremo a breve a fare i tamponi rapidi per la popolazione anche nel nostro distretto. Ci mettiamo tutta la passione e l’impegno che abbiamo sempre messo in questo lavoro che è un lavoro bello, ma è anche un lavoro difficile. Ed adesso vedi negli tanto negli occhi di noi operatori sanitari la stanchezza, perchè ti sei fatto un lockdown, hai passato un momento difficile, sei arrivato a questo punto e speravi di avere un momento più tranquillo con le feste e adesso devi di nuovo rinunciare, e questo rende tutto più difficile, per questo è stato “un brutto risveglio”.

- La situazione attuale come ti sembra?

“La situazione attuale mi sembra più gestibile perché abbiamo più strumenti sul territorio. È tutto molto complesso perché poi la comunicazione è sempre quello che è... pero l’impegno e la voglia ci sono. Il nostro lavoro cerchiamo di farlo. Gli strumenti stanno arrivando. Crediamo tanto nel vaccino, perchè il vaccino è quello che probabilmente risolverà la situazione. Ma vorremmo tutti tornare ad una vita normale in cui finalmente ci si può un po’ abbracciare e si può tornare anche a quello che facevamo noi in AIA. Poi, io mi metto veramente nei panni dei colleghi della CAN C e della CAN che devono fare anche loro una vita molto diversa. Oltre al fatto che anche loro sono esposti a questa situazione come se fossero degli operatori sanitari, perché il rischio è basso, ma comunque c’è.
E a tutti evidentemente manca la nostra Domenica. Andare a vedere gli amici arbitrare, fare l’Osservatore, l’Organo Tecnico”.

- Quali consigli dai ai tuoi colleghi “fischietti” genovesi per superare questo momento di emergenza sanitaria che ci tiene lontano dai campi?

“Il mio consiglio è essere prudenti. Seguire le indicazioni che danno continuamente, come il distanziamento, l’uso della mascherina, il lavaggio delle mani, che sono cose fondamentali. Cercare di stringere ancora un po’ i denti perché se non si stringe i denti si fa presto a tornare indietro, ma essere comunque fiduciosi, avere comunque voglia di tornare in campo e farsi trovare pronti. Perché nel momento in cui i cui a campionati partiranno sarà sempre un po’ più difficile perché, dopo un anno di inattività, rincominceremo tutti da zero e questo potrà essere molto complesso. Quindi, cercare di mantenere l’attenzione alta, avere fiducia nei propri Organi Tecnici e confidare che loro di designeranno per la Tua partita. È quella partita sarà probabilmente la gioia più bella perché vorrà dire che in qualche modo vediamo la luce”.